A Book Pride la scrittrice Alexandra Tempesta presenta La compagnia della luna nuova, un romanzo interamente ambientato nell’universo del teatro amatoriale (pubblicato con Ensemble). L’abbiamo incontrata

di Giuseppe Paternò di Raddusa

 

 

Book Pride arriva alla quinta edizione: la Fiera nazionale dell’editoria indipendente, quest’anno, è dedicata al concetto di desiderio. Un desiderio che, in forma umana, prende numerosissime direzioni. Desiderio, molto spesso, si traduce con passione. Anche verso quelle cose che, solo all’apparenza, sono riservate ad altri da noi, come il teatro. Che non è solo quello istituzionale, ma pure quello che si recita in filodrammatiche, in parrocchie, nelle retrovie, che non viene riconosciuto come “professionistico”. Queste, spesso, sono etichette, burocrazia.

A Book Pride Alexandra Tempesta, scrittrice e drammaturga di opere che mette in scena con gruppi teatrali amatoriali, presenta La compagnia della luna nuova, edizioni Ensemble. Un romanzo dedicato a un gruppo di giovani che, per l’appunto, sulla scena ci stanno senza che nessuno li definisca professionisti. Noi l’abbiamo incontrata prima della presentazione, prevista per sabato 16 alle 19.

Alexandra, ne abbiamo accennato nell’incipit del pezzo ma sentirlo da te è meglio. In che modo, negli anni, ti sei legata al teatro amatoriale?
Il teatro è un mondo che mi ha stregata quando avevo più o meno 25 anni e da allora non mi ha più abbandonata. All’interno di una piccola compagnia ti senti parte di un tutto che ti avvolge e ti protegge. Impari a conoscerti, a sentire il tuo corpo, ad ascoltare la tua voce. Impari che puoi essere un sacco di cose diverse da quello che sei nella vita di tutti i giorni e inizi presto a divertirti. Vestire i panni di un altro ti interessa e ti riempie di responsabilità. Non puoi far sfigurare il tuo personaggio quindi impari velocemente disciplina e tecnica. Il fatto di essere amatoriale rappresenta la libertà, non priva di sacrifici, certo, ma pur sempre libertà. Molto spesso le compagnie amatoriali non hanno la possibilità di fare tournée in giro per l’Europa, si spostano di paese in paese, solitamente nelle periferie delle stesse provincie di appartenenza. Quelle più fortunate azzardano la partecipazione a concorsi e rassegne. Quella è l’apoteosi della gioia.

Chi è l’attore amatoriale?
L’attore di una compagnia amatoriale è una persona con i piedi ben saldi. Sa che anche dal suo impegno dipende il resto della compagnia. Spesso si prova la sera, quando si è stanchi dopo una faticosa giornata di lavoro. Per un paio d’ore si condividono spazi stretti, si ripassano copioni e si aggiustano battute che non filano. Si aiutano i compagni con la memoria, si pensa ai costumi, alle luci. Il teatro amatoriale ti avvolge come una sciarpa stretta al collo in una giornata di vento.

Questo legame ti ha dato la spinta adatta ad ambientare La compagnia della luna nuova in quelle che sono le atmosfere, appunto, del teatro amatoriale. Oppure no?
Sì certo. Quando ho iniziato a scrivere La compagnia della luna nuova avevo in mente proprio quello che questo libro è diventato: il racconto entusiasta di un gruppo di cinque ragazzi che non si lasciano intimidire da niente e da nessuno. Quello che tiene insieme i protagonisti non è solo la passione per il palcoscenico ma l’amore per la vita e il desiderio di condividere le loro crescite. Non c’è un personaggio che supera gli altri per bravura o intelligenza. Ci sono ragazzi che affrontato insieme le difficoltà di tutti, imparano a fidarsi gli uni degli altri e si aiutano reciprocamente. Questo è, secondo me, quello che dovrebbe accadere sempre anche nella realtà.

Una considerazione. Cosa pensi della continua aura sminuente con cui spesso viene trattato il teatro amatoriale?
Oggi le persone corrono continuamente dietro a qualcosa e quando sentono altri parlare dei propri interessi e del tempo che vi dedicano fanno smorfie strane e commenti increduli. Pensare che dopo il tempo convenzionale passato al lavoro e dedicato alla famiglia si possa decidere liberamente di ritagliarsi spazi di vita sembra inconcepibile. Ma io credo fermamente che si stia tornando ad un respiro più ampio e che il teatro amatoriale sia pronto a regalare grandi sorprese.

Il Fringe festival di Edimburgo, oggi il festival delle arti più grande al mondo, nacque dalla volontà di otto compagnie minori che erano state scartate dalla prima edizione del festival Internazionale. Questi ragazzi decisero di avviare un’attività indipendente e parallela per sfruttare la grande massa di pubblico presente alle rappresentazioni ufficiali. Ecco di cosa è capace il teatro amatoriale. La tenacia, si sa, vince sempre.

Vero. Come hai lavorato sui caratteri dei personaggi, tutti profondamente diversi tra loro?
Volevo che i ragazzi fossero tutti diversi tra loro proprio perché la vita ci fa incontrare quotidianamente persone diverse da noi. E poi volevo che fossero il più vicino a quello che i ragazzi sono veramente e non a come vogliono apparire. Stringere nuove amicizie è più facile se hai una passione comune e loro l’hanno trovata nel teatro. Alcuni personaggi li ho costruiti grazie a persone che mi hanno raccontato e fatto scoprire mondi a me sconosciuti. Uno per tutti Liù, un ragazzo in sedia a rotelle che i dottori cercano in tutti modi di far camminare. La storia di Liù è in qualche modo ispirata e suggerita da un ragazzo straordinario nella realtà. I miei protagonisti sono semplici. Non giocano alla play station tutto il giorno e non hanno strane manie stravaganti. Però creano dipendenza…un ragazzino che ha letto il libro mi ha chiesto se sto già scrivendo il seguito e questo mi ha resa molto felice.

Emergono in maniera robusta due aspetti. Da un lato c’è l’energia dell’adolescenza…
Io lavoro con gli adolescenti tutti i giorni e ogni tanto mi domando se c’è un bottone per spegnerli. Sono un continuo vortice di energie. Sono spugne che assorbono tutto. Meglio riesci a guidarli, maggiori risultati potrai raggiungere. Gli adolescenti di oggi hanno passioni e fermenti che neanche conoscono ma spesso sono legati da stereotipi che la società impone anche inconsapevolmente. Hanno bisogno di una guida con la quale confrontarsi e la pratica del teatro credo sia di forte crescita personale ed emotiva. Il teatro è un’arte a tutto tondo e ho imparato che le passioni incontrare nell’età della formazione te le porti dietro per sempre.

Dall’altro c’è l’ansia, la tensione, le nevrosi anche positive che l’idea di uno spettacolo porta con sé.
L’ansia e la tensione che si accumulano prima di uno spettacolo sono la punta di un iceberg. Rispecchiano l’ansia che la vita ci propone quotidianamente. Sul palcoscenico hai però la forza del gruppo che ti sostiene sempre. Io iniziai a fare teatro perché l’ansia degli esami universitari mi divorava ad ogni appello. Imparare a recitare mi ha insegnato a gestire, per esempio, l’ansia del vuoto di memoria! Sembra una cosa banale ma non lo è per niente. Oggi grandi formatori usano le tecniche teatrali per fare corsi aziendali a manager di alti livello che devono imparare a parlare in pubblico. E poi un attore usa meglio il suo corpo, adotta posture eleganti, ride nel modo giusto e sa corrugare la fronte quando la situazione lo richiede!

Cosa ci si può aspettare dal teatro amatoriale in futuro?
Credo che il futuro ci riservi grandi sorprese. Mi piacerebbe pensare a un futuro più facile soprattutto a livello burocratico. Troppo spesso le compagnie amatoriali sono costrette a rinunciare ai propri sogni perché incontrano difficoltà enormi. Ma una attore non si arrende e non chiude nel cassetto la sua passione.

È peregrino associare il concetto di “teatro amatoriale”, per quello che vale, all’idea di editoria indipendente?
Domanda molto interessante. Credo che tanto il teatro amatoriale quanto l’editoria indipendente coltivino la passione per l’essere umano che ha sempre più bisogno di stimoli. Entrambi concentrano i loro sforzi su temi molte volte scomodi, che rischiano spesso di essere ignorati. Entrambi lavorano con mezzi meno facoltosi e con voglia di trovare voci nuove nel panorama della cultura. L’editore indipendente deve lavorare prima di tutto sulla propria identità esattamente come deve fare l’attore di una compagnia minore. Entrare nel complicato mondo della distribuzione per cercare nuovi lettori così come riuscire a trovare spazi opportuni per cercare nuovo pubblico. Modi diversi ma simili per stimolare forme di pensiero, di confronto, di crescita.